Siamo ciò che diciamo o siamo ciò che balliamo?
I diari della Luchadora #6
Parlare o non parlare: questo è il problema?
Con la salsa si rimorchia, con il tango no! “Per carità ! Non si deve!†Ma chi ha stabilito quelli che inizio ad avvertire come fastidiosi cliché imposti? Se la vita è una milonga, nella milonga va in scena la vita in tutte le sue sfaccettature. Amore, odio, amicizia, passione, sofferenza, fastidio, follia, gioco e – perché no? – sonnolenza!
Poco tempo fa entro in una milonga “popolareâ€: mio dio, che belle le milonghe popolari! Lo scrivo senza specifico interesse perché non le organizzo certamente io. E anche se lo facessi, per il prezzo minimo che a volte si deve pagare (non sempre perché spesso – evviva-visto-che-c’è-la-crisi! – sono gratuite) non diventerei certamente ricca sul piano economico… al massimo ricca sul piano personale… dicevo… poco tempo fa entro in una milonga popolare nella periferia urbana di Roma. È tardi e, come al solito, visto che sono umana e faccio parte della generazione dei trentenni sfruttati per poche centinaia di euro al mese (il mese che mi sento una “sfruttata fortunata†perché mi chiamano per lavorare!), sono stanca. Ma sono quasi sicura che in un ambiente accogliente e semplice mi sentirò coccolata almeno da un dolce tango. Non faccio in tempo a entrare e a togliermi il soprabito che un giovane uomo, forse un po’ brillo, viene verso di me a braccia aperte e mi accoglie con un: “Benvenuta: sentiti come a casa tua!â€. “Grazie!†gli rispondo un po’ allibita ma divertita. Chi sarà mai? È carino. E sembra pure un po’ matto. Certamente non rigido e impostato. Nuovamente evviva! Ebbene, sistemo le mie cose in un angolo. Tiro fuori dalla borsa le mie scarpe. Mentre le indosso osservo come siano diventate vecchie in poco tempo: però le trovo belle proprio perché usate… vissute. Poi penso: “Niente scuse: dovrò presto comprarne un altro paio perché queste stanno per abbandonarmi!†Mi allaccio le scarpe. E il tipo un po’ brillo, ma simpatico e un po’ matto urta contro il mio ginocchio mentre ad alta voce dice ad un’altra persona: “Basta sesso!â€. Si accorge di essermi venuto addosso e subito si gira: con un semplice sguardo è come se chiedesse scusa. Alzo leggermente le mie spalle come a dire: “Nessun problema: può capitare!â€. Poi nel profondo penso: “Tranquillo: prendo botte morali tutto il giorno, dalla mattina alla sera… ecco qua, appunto… pure la notte!â€. Lui sorride, si volta verso la ragazza con cui stava scherzando e tronca la conversazione con un: “Basta sesso! Si balla!â€. Si volta verso di me. Mi guarda intensamente. Poi sorride, porgendomi la sua mano sinistra. È l’invito a ballare accompagnato subito da un insolito inchino d’altri tempi a cui non sono proprio abituata. È tutto così naturale, ironico e fresco. Mi alzo dalla sedia appoggiandomi con leggerezza alla sua mano che mi accompagna al bordo della sala. Di nuovo quello sguardo intenso e reciproco che rispetta i tempi. Quando sento d’esser pronta, il mio braccio sinistro si appoggia lievemente sul suo braccio destro. Lui rispetta la distanza che ho involontariamente stabilito. È un attimo e io non ci capisco più nulla. Tutta la razionalità che mi contraddistingue nel susseguirsi dei giorni, sul lavoro e nelle amicizie, scompare. Si dissolve nel tango. Com’è possibile? Chi è questa persona che si trova di fronte a me? Chi sono io quando cado vittima consapevole e felice di questo strano incantesimo? Per la prima volta in vita mia ballo. Ballo. E poi, ancora, ballo. Non una tanda. Ma due, tre… non ricordo più quante. Non penso più a nulla. I corpi vanno da soli. Non penso più a nulla. Avverto solo una sensazione di costante benessere mai trovata prima. Sento una voce amica pronunciare il mio nome. È come se cercasse di svegliarmi. Mi chiama per nome. Solo a quel punto ricordo dove sono. Sento di aver infranto, senza accorgermene, la distanza iniziale che avevamo stabilito. Siamo vicinissimi. La mia fronte è contro la sua fronte. La parte superiore del mio corpo è contro la parte superiore del suo corpo. Quella voce continua a chiamarmi per nome. Penso: “La conosco questa voce. Chi è?â€. Penso. Penso. Penso e allora mi stacco da quell’abbraccio potente in cui eravamo avvolti io e il tipo un po’ brillo, ma simpatico e un po’ matto. Sento che torno in me. O forse che riesco da me per ricalarmi nei panni che ho dovuto cucire con sapienza per una vita intera e che forse il tango mi sta svelando essere un po’ stretti per la mia indole. Sta di fatto che il tango è finito. La voce che mi chiamava è la mia amica con cui sono in macchina. Lei vuole andare via perché si è fatto tardi: è stanca e vuole tornare a casa. “Arrivo subito†dico un po’ frastornata alla mia amica. Guardo il tipo un po’ brillo, ma simpatico e un po’ matto: lo ringrazio. Lui è interdetto: mi trattiene un attimo la mano che cerca di scivolare via. “Non puoi andare via così: la tanda non è ancora finita!â€. “Devo†gli rispondo io. Corro a cambiarmi le scarpe. Non mi giro neanche per vedere se c’è rimasto male. Una volta in macchina guardo l’orologio e mi accorgo di aver ballato quasi due ore di fila con il tipo un po’ brillo, ma simpatico e un po’ matto. Passano diversi giorni. Mi ritrovo in una milonga. Stavolta non è una milonga popolare ma l’atmosfera è ugualmente rilassata. Mi guardo attorno. Cerco il tipo un po’ brillo, ma simpatico e un po’ matto. Non c’è. Passa una mezz’ora tra le chiacchiere leggere di amici tanghéri seduti con me al tavolino. Eccolo entrare. È lui: il tipo un po’ brillo, ma simpatico e un po’ matto. Ci guardiamo da un capo all’altro della sala. Ma lui sembra far finta di non avermi vista. “Ci sarà rimasto male per come me ne sono andata via l’altra volta! Ha ragione: al posto suo io mi sarei offesa a morte!â€. Lui si avvicina al tavolo dove sto chiacchierando. Penso: “Ecco, arriva a salutarmi!†E invece va dritto, prosegue e si mette a chiacchierare con altre persone. “Ah! Ma come si permette?†penso io. Nella mia testa già volano accuse: “Maleducato! Potrebbe almeno salutarmi!â€. Passa mezz’ora e lui non mi invita a ballare. Ci si guarda a distanza. Ma niente. Nessun invito. Decido di andarmi a fumare una sigaretta fuori dalla sala. Una volta fuori mi accendo la sigaretta e mi siedo sul gradino di un negozio chiuso proprio accanto alla milonga. Esce anche il tipo un po’ brillo, ma simpatico e un po’ matto. Si accende una sigaretta e si siede accanto a me. “Ci siamo conosciuti qualche sera fa, vero?†dico io. “Sì†dice lui, aggiungendo “ma non ricordo il tuo nomeâ€. “Perché non te l’ho mai detto†gli rispondo io. Finite le presentazioni e sparata la cartuccia del “Come ti sembra la serata? Carina, vero?†penso: “Mi inviterà a ballare!â€. E, invece, nulla! Mentre la sigaretta sta per finire io inizio a chiedermi se nel tango ci sia la regola del “Una volta che si balla insieme, la volta dopo, quando ci si incontra in una milonga, non si balla insiemeâ€. Mi è già capitato altre volte e inizio a pensare, a questo punto, che sia una regola. Ma che regola assurda, se questa è una regola! E se questa fosse una regola, una regola assurda e a me sconosciuta, io decido di infrangerla! “Ti va di ballare?†gli chiedo io alzandomi in piedi. “Sì†risponde lui rimanendo seduto. “Con me!â€, ribadisco io. Lui sorride, si alza in piedi: “Certamente!â€. Rientriamo in sala. Balliamo, balliamo, balliamo. Una, due, chissà quante tande. La Luchadora quella sera è vicina a vedere l’alba. Una sera, qualche milonga più in là , la Luchadora deciderà di accettare l’invito per una pizza senza pretese da parte del tipo un po’ brillo, ma simpatico e un po’ matto. A cena scoprirà che il parlare strano del tipo un po’ brillo, ma simpatico e un po’ matto dipenderà dal fatto che il tipo non è italiano e quindi non ha una grande padronanza della lingua italiana.
Dunque, parlare o non parlare: è veramente questo il problema? No. Sarà solo la conferma che il tango è un linguaggio diverso che spesso si allontana dal linguaggio delle parole. E, allora, forse la domanda è: siamo ciò che diciamo o siamo ciò che balliamo?
La Luchadora
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